Buoni propositi? Anche no! 23 Gennaio 2025
Buoni propositi: spinta propulsiva al miglioramento o disfatta annunciata? Cristina Coppellotti ci guida nei meandri dei buoni propositi, aiutandoci a capire che forse non sono loro a non funzionare, siamo noi che dovremmo... ascoltarci di più.
editoriale per Piano C a cura di Cristina Coppellotti - Responsabile formazione, empowerment e riprogettazione professionale @piano C
Posso affermare con una certa supponenza di essere cintura nera di Buoni Propositi dell’anno nuovo lasciati appesi sullo stendibiancheria a prendere polvere (è lo step successivo al lasciarli nel cassetto).
Come è facile immaginare, quindi, non li amo affatto e, dopo anni e anni di tentativi, ho raggiunto la consapevolezza che, per me, è meglio soprassedere quel magico momento dicembrino di visualizzazione e scrittura di una versione migliorativa di me stessa.
Se chi legge rientra, invece, nel novero di chi trova utile e piacevole dedicarsi a stilare la lista dei propositi, con la penna, quella che scrive bene, sul quadernino nuovo o sul proprio bullet journal, ovviamente avrà da me tutta l’ammirazione e la stima.
Mi rivolgo invece a tutte quelle persone che hanno lasciato ogni speranza, o a quelle che invece ancora ci provano, per poi ritrovarsi già al terribile blue monday in ritardo con la vita, frustrate e insoddisfatte.
Perché le persone fanno buoni propositi
Ma partiamo con ordine. Perché la maggior parte delle persone si dedica alla redazione dei buoni propositi e perché si fa prevalentemente a gennaio?
Le persone sentono il bisogno di scrivere i buoni propositi per motivi profondamente radicati nella psicologia umana, nella cultura e nei bisogni emotivi. Questo desiderio risponde a una serie di spinte interne ed esterne che li portano a voler formalizzare i propri obiettivi.
Sicuramente incide il bisogno di crescita personale e la ricerca di miglioramento continuo, connaturato nella natura umana, così come il desiderio di autorealizzazione.
Anche la volontà di esercitare una certa dose di controllo sulla nostra vita influisce, offrendo la sensazione di non essere in balia del caso e innalzando di conseguenza il livello di responsabilità e la motivazione. Spesso oltre alle motivazione interne concorrono anche quelle legate alla pressione sociale. L’idea dei buoni propositi è fortemente radicata nella cultura contemporanea, specialmente nei mesi di dicembre e gennaio e molte persone sentono il bisogno di aderire a questa pratica per sentirsi parte di una comunità che condivide gli stessi obiettivi. Media, social network e pubblicità promuovono costantemente l’importanza del cambiamento e del miglioramento personale, incentivando questa abitudine in una sorta di effetto Tribù.
Alzi la mano chi non ha visto nel suo feed almeno 5 buoni propositi dei suoi contatti!
Il perché questo avvenga tra Natale e Capodanno è abbastanza intuitivo.
Ci sono prima di tutto radici storiche e culturali: molte culture celebrano l’arrivo del nuovo anno con rituali che comprendono promesse, pulizie simboliche, roghi di ciò che si vuole lasciare indietro… rinforzando il concetto che gennaio sia un mese di trasformazione.
L’etimologia del nome “Gennaio” si riferisce a Giano, il dio bifronte delle porte, dei passaggi e dei nuovi inizi; con i suoi due volti che guardano in opposte direzione egli simboleggia la transizione e ci invita a riflettere su ciò che è stato per agire in modo migliore sul futuro.
Una ricerca pubblicata dal Management Science Journal analizza il cosiddetto “Fresh Start Effect“, che spiega perché le persone si sentono più motivate a intraprendere nuovi progetti dopo momenti simbolici come il Capodanno. Questo effetto è legato alla percezione di avere “un nuovo inizio” che separa il sé passato dal sé futuro.
Ovviamente non è casuale che queste riflessioni abbiano luogo durante le festività natalizie e di fine anno che offrono un periodo di pausa che invita alla riflessione e alla focalizzazione sugli obiettivi. Inoltre dopo gli eccessi delle feste (cibo, spese, stanchezza), gennaio rappresenta un momento in cui si tende a volersi “ripulire” e ristabilire equilibri, addirittura coniando concetti e parole nuove come “Veganuary” o “Dry January”.
Quali tipi di propositi?
Ma di quali tipi di propositi stiamo parlando?
La lista è lunga.
Ridurre il peso, mangiare meglio, smettere di fumare/ridurre il bere, guadagnare di più, prendersi cura della propria crescita personale sono in generale le risoluzioni più frequenti.
Una ricerca di Forbes ha raccolto i buoni propositi in USA nel 2024 e questi sono i risultati:
Migliorare il proprio stato di fitness (48%)
Migliorare le finanze (38%)
Migliorare il proprio stato di salute mentale (36%)
Perdere peso (34%)
Migliorare la propria alimentazione (32%)
In UK nel 2024 il 55% risponde di voler diventare più “fit”, il 52% di voler mangiare più sano e il 49% afferma di voler dimagrire.
Insomma, nonostante siano passati più di vent’anni, Bridget Jones (con i suoi buoni propositi scritti sul diario) era perfettamente in trend.
Perché è così difficile? (Almeno per qualcuno?)
In USA, 44% dei Buoni Propositi hanno una vita breve compresa tra 2 e 3 mesi e solo il 6% riesce a portarli avanti per tutto l’anno. In UK, il 17% delle persone abbandona i suoi Buoni Propositi prima della fine del primo mese. Uno studio di The Guardian ha rilevato che circa l’8% delle persone riesce davvero a mantenere i propri propositi per l’intero anno.
Uno dei motivi dell’insuccesso è una scrittura inefficace dei Buoni Propositi stessi.
Alcuni studiosi sostengono che spesso le persone abbandonano i propri obiettivi perché non vengono formulati nella maniera corretta: sono spesso troppo vaghi e non misurabili (ad esempio, “perdere peso” è meno efficace di “perdere 5 kg entro aprile”).
Anche le caratteristiche di personalità individuali possono influire, ovviamente. Persone con maggiore autodisciplina avranno più probabilità di avere successo. Tuttavia, sembra anche che la motivazione intrinseca giochi un ruolo chiave: se i propositi sono allineati con valori personali profondi, il successo nel raggiungere i propri obiettivi aumenta.
Insomma, se i nostri Buoni Propositi sono stati fatti per conformarsi alle aspettative degli altri saranno molto meno efficaci rispetto a quelli basati su desideri personali.
Strategie per mantenere fede ai buoni propositi
Molto è stato scritto e detto su come migliorare nel mantenere fede ai propri Buoni Propositi. Formulare obiettivi SMART secondo alcuni è la chiave del successo.
Gli obiettivi devono quindi essere Specifici, Misurabili, Accessibili, Rilevanti e con una Scadenza temporale per essere più facili da perseguire.
Per alcune persone è utile trasformare i propositi in una sorta di gioco, con premi o progressi visibili, al fine di aumentare il tasso di successo, così come tenere traccia regolare dei progressi aumenta la probabilità di raggiungere l’obiettivo.
Questo spiega la fioritura di app che permettono di monitorare i propri comportamenti e allo stesso tempo di ricevere gratificazioni e premi attraverso la gamification.
Tutto giusto, tutto vero. Ma funziona per me? Ehm, non tanto. Non sempre.
Odiare e non praticare i Buoni Propositi del nuovo anno non vuole certo dire che io non abbia aspetti su cui lavorare, nuove abitudini da integrare, competenze da imparare.
Cosa ho imparato su di me e che potrebbe funzionare anche per voi?
- Non per tutti l’inizio del nuovo anno è il momento giusto per partire nella formazione di nuove abitudini.
Gennaio per me è il mese più triste e insopportabile dell’anno. Se posso tollerare l’inizio dell’inverno per l’aspettativa delle feste imminenti, al loro termine aspetta un mese buio, freddissimo, senza lucine e più solitario.
Gennaio mi invita al letargo, non al cambiamento. Se posso sperare di fiorire e lavorare su nuove abitudini contando su un po’ di energia e motivazione, quel momento per me arriva più avanti.
Citando John Fante, Aspetta primavera, Cristina. - Una lunga lista di propositi è per me quanto più lontano da essere uno sprone che mi spinga all’azione. Anzi. Mi genera una sorta di task paralysis, un sovraccarico cognitivo che finisce per bloccarmi.
Di fronte a una lista lunga e composita fatico a capire le priorità: a cosa devo dare la precedenza? Nel dubbio, mi fermo.
Ovviamente, rimandare o non rispettare uno o più Buoni Propositi sviluppa un senso di fallimento che acuisce la paralisi. Scegliere un Buon Proposito alla volta è per me più congeniale. Questo non vuol dire necessariamente che in quell’anno ci sarà un solo tipo di azione migliorativa.
Chi l’ha detto che i Buoni Propositi debbano “durare” un anno? A seconda di quanto siano impegnativi possono durare per qualche mese, oppure per sempre. Avrò magari un Buon Proposito su cui lavorare in una certa parte dell’anno e dopo qualche mese un’altra, e così via. - Il potere del gruppo/del “buddy”: niente è per me più potente del fare le cose con amici.
Sono molto più incline a dare buca a me stessa che a chiunque altro. Perché io sia davvero costante sul medio lungo periodo il segreto per me è farlo con qualcuno.HappinessGood Proposition is only real when shared.
https://www.forbes.com/health/mind/new-years-resolutions-statistics
https://business.yougov.com/content/48203-new-years-resolutions-2024-uk
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