Che noia che barba, che barba che noia 29 Dicembre 2023
Siamo ancora capaci di riempire il vuoto dell'attesa senza fare ricorso allo smartphone? Se è vero che la nostra è una vita onlife come l'ha definita Floridi, è pur vero che ciascuna di noi ha il potere di staccare dal virtuale per riappropiarsi del proprio tempo. E riscoprire la noia.
a cura di Fabiola Noris
Sappiamo ancora aspettare?
In origine c’era lo squillo. Chiamavi il tipo che ti piaceva, gli facevi squillare una volta il telefono e riagganciavi al volo. Si ripeteva l’azione più e più volte durante la giornata in proporzione al livello di cotta. Più uno ti interessava e più squilli gli facevi. Il tutto però ponderato secondo strategie amorose accuratamente elaborate.
Oggi gli squilli hanno lasciato il posto alle spunte che diventano doppie e poi blu. Visualizzato.
E lì scatta la necessità di rispondere immediatamente. Che sia amicizia, amore o lavoro, la doppia spunta blu mette in atto una serie di dinamiche per cui l’attesa si fa tesa.
Chi non è nativa digitale si ricorderà dei modem 56k che si collegavano alla linea telefonica e nel tentativo di connessione facevano rumori strani come a sottolineare lo sforzo che stavano compiendo. Pareva di essere in collegamento con Cape Canaveral.
Passava qualche minuto prima di poter fare il proprio ingresso trionfante nel web. Ora se una pagina non si carica in 3 secondi è lenta.
Siamo ancora capaci di aspettare?
Non solo facciamo una gran fatica ad attendere, che si tratti di un messaggio, una mail, un tram, una metro, un lavoro ma quell’attesa si fa snervante, frustrante, noiosa. Un’attesa da riempire. Perché non siamo più abituate al vuoto.
E allora ecco il potere salvifico di uno smartphone che con le sue app sanguisuga è pronto a tenderci una mano, o a rubarcela. Piccoli vampiri energetici, sirene dall’aspetto ammaliante per ingannare l’attesa, o ingannarci.
Tanto sono solo 5 minuti.
Fa nulla se ben presto si trasformano in 10, 20, 30 e poi 60 minuti. Minuti erosi alla vita di ciascuna di noi con la scusa che “tanto sto aspettando” “solo un’occhiatina e poi spengo”.
Uno scroll infinito anti noia: ma è davvero così?
Lo scrollare alla ricerca di qualcosa degno del nostro interesse ci aiuta a sconfiggere la noia o non fa altro che ingigantirla e aumentare il senso di insoddisfazione accresciuto dalla passerella di profili che hanno sempre quel quid in più rispetto al nostro?
Di notizie che non fanno altro che creare un groviglio di informazioni nelle nostre teste, delle quali, francamente, potremmo fare a meno.
Facciamo un altro salto nel passato. Com’era quando –apparentemente– si stava peggio?
All’alba delle app la possibilità di scroll non era stata ancora inventata. Ad un certo punto il feed mostrava un messaggio: aggiornamenti non più disponibili. Fine corsa.
Ora i contenuti sono mostrati in maniera perpetua, in quella che viene definita la società dell’attenzione, non è difficile capire come quest’ultima sia un bene di estremo valore per chi fa app e guadagna nel digitale. La nostra attenzione è il prodotto.
Aza Raskin ha inventato lo scroll infinito. E sapete cosa? Ha ammesso di essersene pentito.
“The creator of the infinite scrolling feature, Aza Raskin, had a noble intention when he went about designing this feature. According to Raskin, time worth 200,000 human lifetimes is wasted on a daily basis due to our act of infinite scrolling.”
Insomma i social sono progettati per creare dipendenza. Questo è un fatto. Esserne consapevoli è già un primo passo. Riuscire a farsi cogliere dalla noia e attraversarla lasciandosi cullare senza l’ansia di combatterla riempiendola con qualsiasi cosa, il secondo.
Walter Benjamin disse che “la noia è l’uccello incantato che cova l’uovo dell’esperienza.”
Diamogli il tempo di covare.
Non è difficile. Spegniamo il cellulare. Lasciamoci stupire da ciò che può accadere.
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