Che storia! Enrica Arena 15 Settembre 2022
La vita è quello che ti accade mentre sei impegnato a fare altri piani, cantava John Lennon, ed è esattamente ciò che è successo a Enrica, CEO & Co-Founder di Orange Fiber. E quando il caos ci mette lo zampino, il risultato può essere davvero strabiliante.
a cura di Piano C
Dopo aver letto la storia di Enrica Arena, una sola parola vi ronzerà per la testa: destino. Una serie di eventi, di coincidenze, di puntini all’apparenza slegati tra loro, caotici che poi all’improvviso si uniscono in un turbinio danzante. E tutto appare chiaro.
Perché la vita è anche quello che fai con quello che hai, con quello che ti accade. È scoprire la persona che sei in situazioni che non hai scelto fino in fondo. È rimaneggiare i propri programmi e obiettivi. E ritrovarsi a fronteggiare situazioni che ti catapultano fuori dalla tua comfort zone per poi farti cambiare prospettiva.
Se la vita ti dà arance, tu innova
L’elenco dei premi che Orange Fiber, l’azienda fondata da Enrica a Catania nel 2014 è lungo mezza pagina e in continuo aggiornamento.
Orange Fiber ha brevettato e produce tessuti sostenibili a partire dai sottoprodotti degli agrumi: tutto ciò che resta dopo la produzione del succo e che altrimenti dovrebbe essere smaltito con relativi costi economici e ambientali.
L’obiettivo dell’azienda? Attraverso una filiera interamente tracciata e trasparente, trasformare questo sottoprodotto nell’ingrediente perfetto per i brand e per i designer che hanno a cuore la sostenibilità.
Enrica è Ceo & Co-Founder di Orange Fiber ma è il come ci è arrivata a mostrarci la forza dirompente del destino, che quando si mette in mezzo, anche attraverso sentieri inaspettati sembra fare di tutto per condurla proprio lì.
Vita universitaria e stanze da affittare
Enrica nasce e cresce a Catania, quando è il momento di scegliere l’università segue le sue certezze: l’interesse per le lingue, la voglia di esplorare e la volontà di un’esperienza fuori dalla Sicilia. Ma soprattutto il voler generare un impatto positivo con il proprio lavoro, questo è il mantra che la guida.
Inizia un corso di interpretariato e comunicazione allo IULM di Milano con alcuni esami di relazioni pubbliche. Un ottimo modo a suo avviso per approcciare lo studio delle lingue con uno sguardo alla contemporaneità.
Dopo un secondo diploma in Francia, si laurea con una tesi dedicata ai rapporti fra organizzazioni non governative e Nazioni Unite nell’ambito dei progetti di cooperazione internazionale. Per una tesi in Lingue, un argomento sicuramente insolito.
Enrica sceglie quindi di fare un master in comunicazione per le relazioni internazionali e coglie l’opportunità di trasferirsi temporaneamente in Egitto per uno stage, prima alla Biblioteca Alessandrina e poi, su sua richiesta, alle Nazioni Unite. Il suo sogno.
Per far fronte economicamente alla sua assenza, il ragazzo con cui Enrica convive le propone intanto di ospitare temporaneamente un’amica. Passa un anno, ed Enrica prova a negoziare il passaggio a un vero e proprio contratto di lavoro alle Nazioni Unite ma, non riuscendoci, torna in Italia. Si iscrive a Scienze Politiche; continua infatti a coltivare il sogno di muoversi nella cooperazione internazionale: durante l’esperienza di stage si è infatti resa conto che la sua formazione in comunicazione necessita di essere integrata. Ma sei mesi dopo sarebbe scoppiata la primavera araba, e purtroppo l’ipotesi di tornare in Egitto sfuma definitivamente.
Nel frattempo torna a vivere con il suo coinquilino e la ragazza che l’aveva sostituita durante il periodo all’estero: ed è così che Enrica conosce Adriana Santanocito, ideatrice di Orange Fiber.
Dal tumultuoso caos all’inizio della start up
“È iniziato tutto così: chiedendomi di inserire il mio nome nel team.”
Enrica è impegnata negli studi, non ha di certo in mente di fondare un’azienda. Ma mentre lei studia e lavora come cameriera, Adriana, la sua coinquilina, sviluppa la sua idea che sta testando con il Politecnico di Milano: un tessuto innovativo realizzato a partire dagli agrumi.L’idea è promettente, ma è solo un’idea, ha bisogno di fondi per crescere.
Adriana chiede così a Enrica di entrare formalmente a far parte del team per partecipare a un bando a sostegno di start-up, per dare maggiore credibilità al progetto. Enrica accetta chiarendo che però non potrà mai lavorarci, sta studiando, facendo uno stage e lavorando come cameriera.
E soprattutto non ne capisce nulla.
Ecco che Orange Fiber arriva in finale; la selezione avverrà in Spagna, i finalisti sono invitati a presentare pubblicamente in inglese il progetto. Adriana chiede a Enrica di salire su quel palco. Enrica studia, si documenta, nella sua testa solo per essere pronta a possibili domande, per non fare brutta figura.
Da quel palco tutto cambia: inizia una corsa difficile da arrestare.
2014: nasce ufficialmente Orange Fiber
“Non vengo da una famiglia di imprenditori, il mio progetto era di formarmi e lavorare per qualcuno.
Non mi sentivo di avere quel genere di competenze per avere un’azienda tutta mia.”
Un anno dopo Enrica e Adriana fondano l’azienda, trovano il capitale iniziale, testano il primo prototipo.
Negli anni di EXPO 2015, Telecom Italia apre un acceleratore per start-up digitali a Catania, e loro, che avevano fatto un percorso di accelerazione a Milano che aveva tra i partner finanziatori proprio Telecom, vengono invitate a far parte del nuovo acceleratore catanese e a entrare in contatto con il tessuto produttivo locale.
Non pensano però solo alla Sicilia: l’arancia è un frutto che ha una storia, una significativa diffusione geografica, una riconoscibilità nel suo valore e nella sua immagine. Immaginano un brevetto esteso nei paesi del Mediterraneo, e oltre (Brasile, India, Stati Uniti), là dove è grande la produzione di agrumi, con l’idea un domani di andare a insediare l’azienda o dare la licenza tecnologica a un partner locale.
Orange Fiber cresce. Enrica incontra imprenditori e imprenditrici da tutto il mondo, studia le loro organizzazioni, il modo di lavorare, mette a fuoco le potenzialità del progetto e insieme le fragilità, la mancanza di alcune figure professionali e di una filiera produttiva stabile e continuativa. Si crea una prima divergenza di visione tra Enrica e Adriana, che matura lentamente.
Orange Fiber chiede nuova linfa per crescere, ma in assenza di capitale questo significa cedere quote, cedere potere decisionale.
Nel 2019 si decide di lanciare sulla piattaforma CrowdFundMe una campagna di equity crowdfunding, con la raccolta di 650.000 Euro e l’ingresso di un 20% di investitori sconosciuti. Adriana decide di sciogliere il consiglio di amministrazione ed Enrica diventa amministratrice unica. Da quel momento Adriana rimane socia, ideatrice e cofondatrice ma smette di rivestire un ruolo operativo e amministrativo, dedicandosi ad altre iniziative sempre nell’ambito della sostenibilità.
Orange Fiber ed Enrica: un nuovo equilibrio
Enrica eredita interamente il progetto, e adotta un nuovo punto di vista: per anni hanno raccontato la storia, non il prodotto. La storia resta legata alle persone, e invece Orange Fiber ha tutto il diritto di vivere a prescindere da Enrica, che può sbagliare, cambiare, e che vuole essere libera.
“Voglio creare un’azienda che non abbia bisogno di me.
Il mio obiettivo è portarla più lontana possibile con le competenze che possiedo e poi permetterle di crescere ancora di più, senza che la mia presenza sia indispensabile.”
Per questo trova altre voci, altre competenze che nutrano insieme l’impresa che si sta costruendo. Vuole gestire al meglio le aspettative di 350 investitori crowd, garantire loro un ritorno di investimento.
Ha una forza, una passione e una determinazione che sono palpabili; e insieme, un destino che si è giocato lontano dai suoi piani iniziali. Eppure di piani ne fa, e sono chiari. Quando le chiediamo dove si vede fra cinque anni, non ha dubbi.
Enrica lavora oggi perché Orange Fiber divenga una piattaforma di innovazione, sia per i brand che per i nuovi materiali, un punto di contatto tra chi fa innovazione a livello di materiali e non riesce a entrare nel mercato e chi cerca materiali e li vuole trovare in un unico posto, di cui si fida.
Vuole produrre un impatto intangibile, diffondendo la consapevolezza tra le persone che chi compra non è un semplice cliente, ma un vero e proprio investitore che con i propri acquisti sta indirizzando in modo attivo le aziende nella produzione di un prodotto piuttosto che di un altro.
E si immagina di vivere tra Catania e Milano, e di diventare, chissà, anche insegnante di yoga.
Perché il destino non è esattamente nelle nostre mani, ma il desiderio e l’equilibrio li possiamo coltivare lungo la strada.
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