Che storia! Giulia Marchese 19 Luglio 2024

Giulia Marchese dall’Italia al Messico per occuparsi dei dati di genere. Da consulente per le Nazioni Unite alla creazione di Geen, startup FemTech, e la volontà di mettere a disposizione delle donne i dati. Per essere libere e consapevoli delle proprie scelte.

Il mio rapporto con i dati è di profondo scetticismo. Ogni volta che mi incrocio con un dato la prima cosa che faccio è farlo a pezzetti, dubitare di lui e nella mia testa metterlo alla prova in tutti i modi che mi vengono in mente. 
I dati sono tanto importanti quanto ingannevoli.”

Giulia Marchese ha lavorato come analista di Open Source Intelligence, specializzandosi in indagini sulla violazione dei diritti umani. Ha un dottorato bi-nazionale fra Germania e Messico in geografia politica e una specializzazione in programmazione e coding per l’analisi dei fenomeni sociali attraverso Big Data e Machine Learning.

Giulia è una Data Scientist: maneggiare dati, interpretarli e restituirli alle persone per renderle consapevoli, rappresenta il cuore pulsante della sua professione.

In questo momento sta vivendo una fase di transizione tra una serie di lavori di consulenza tra Messico e Stati Uniti e il lavoro per Geen, la startup innovativa FemTech che ha cofondato insieme all’amica Lucia Vernino.

La sua carriera è densa di esperienze lavorative importanti: consulente nazionale e internazionale per alcune agenzie delle Nazioni Unite: lo United Nations Population Fund (UNFPA), United Nations Office for Drugs and Crime (UNODC) e UN Women e per altre organizzazioni internazionali come il banco interamericano per lo sviluppo (Interamerican Development Bank, IDB) o organizzazioni non governative, come Data Cívica.

Al centro della sua attività di consulenza ci sono soprattutto loro, i dati di genere, in particolare quelli riguardanti l’accesso a servizi essenziali per donne e bambine, la violenza di genere e il femminicidio.

Ma non sono mancati nemmeno i sets di dati a livello nazionale e internazionale sui desaparecidos, le sparizioni forzate.

Durante la sua attività di consulenza, Giulia ha coordinato team di Data Analysts, Data Scientists, ingegnere/i e geografe/i per costruire strumenti tecnologici come app o landing page al fine di visualizzare e gestire grandi quantità di dati.

Strumenti che poi vengono utilizzati dai governi, locali o nazionali, dalla cittadinanza, da associazioni, o da organizzazione civiche in partnerships con aziende multinazionali.

Il lavoro di cui è più orgogliosa è quello che ha coordinato per il centro di eccellenza statistica di UN Women insieme al team di Data Cívica.

Uno studio sperimentale con l’obiettivo di misurare l’impatto di determinati fattori geospaziali come la disponibilità e accessibilità di centri di salute o consultori, stazioni di polizia, presenza di organizzazioni femministe sul territorio, presenza o meno invece di campi militari, sull’andamento della violenza di genere in un determinato territorio.

Grazie a questo studio è stata realizzata una mappa interattiva consultabile da tutte e tutti in qualsiasi momento, da qualsiasi dispositivo e con cui le persone potessero interagire in tempo reale.

“Quello che non si conta, non esiste”. 
Per me lavorare con i dati e soprattutto lavorare su un particolare tipo di violenza, come la violenza di genere, significa portare a galla. Questo è quello che mi smuove, la soddisfazione profonda che trovo quando concludo un progetto, un’indagine o una ricerca e mi rendo conto di aver portato alla luce qualcosa che prima non si conosceva.”

Dall’Italia al Messico

Liceo classico, un’esperienza con la Croce Rossa in Abruzzo dopo il terremoto e la svolta. Giulia decide di iscriversi a Scienze internazionali e diplomatiche anziché a Fisica o Informatica.

“Avevo bisogno di una finestra sul mondo per chiarirmi come funzionassero le relazioni internazionali e l’ambito della cooperazione, ma ancora di più avevo chiaro che per me fosse importante viaggiare e mettere continuamente alla prova la mia capacità di resilienza.” 

Studia all’Alma Mater di Bologna, vince una borsa di studio per seguire l’ultimo anno della triennale in università brasiliana e poi il secondo anno della specialistica in un’università messicana in cui poi vince un assegno di dottorato per quattro anni.

In Messico inizia a collaborare con alcune organizzazioni internazionali e durante il dottorato era già consulente internazionale per l’Onu. Giulia viene così scelta dal governo tedesco per un contratto di ricerca di tre anni presso l’università di Francoforte in cui approfondisce le sue ricerche di dottorato sul genere dei dati.

In particolare, i dati sul femminicidio e come i vari ministeri dell’Interno o governi locali potessero migliorare i registri sul femminicidio e la violenza di genere in modo tale da renderli fruibili per lo studio e l’applicazione di politiche pubbliche di prevenzione.

Se la scelta del Brasile è stata abbastanza casuale la scelta del Messico è stata profondamente voluta: era proprio in quella università che si trovava il gruppo di ricerca che Giulia aveva intercettato durante i suoi studi e che a suo avviso stava pubblicando le proposte più innovative ed efficaci su come migliorare i registri pubblici, informali o extra istituzionali delle associazioni non governative rispetto al femminicidio.

Rotolando verso sud, da sola

“La cosa più sfidante per me è stata, non tanto non avere punti di riferimento, o meglio dovermene creare di nuovi, quanto piuttosto gestire le emozioni e le aspettative della mia famiglia se mi fosse successo qualcosa.”

Nel suo viaggiare per il mondo, da Bologna, al Brasile, fino al Messico, molti sono stati i momenti in cui Giulia si è trovata completamente da sola. In località sperdute, senza connessione, lontana centinaia di migliaia di chilometri dalla famiglia.

Un’occasione che Giulia ha vissuto come una sfida per imparare ad acuire il suo intuito e la capacità di prendere le decisioni migliori per sé stessa.

“Penso che abbia dato i suoi frutti nella mia capacità di focalizzare gli obiettivi e costruire dei piani per conquistarli, prima di tutto contando sulle mie forze.
Penso che quando hai lucidamente chiaro quello che vuoi e puoi fare, sia anche molto più facile e spontaneo generare alleanze e costruire team di lavoro.”

La conciliazione del caos

Giulia è mamma di una piccola di 17 mesi e si divide tra Milano e la Sicilia: come concilia lavoro e famiglia?

Ammette di aver rinunciato molto presto a pensare di poter gestire la sfera famigliare come faceva con il lavoro. Se l’attività professionale dipende totalmente da lei, non funziona così con la famiglia, dove si tessono reti su equilibri in continua evoluzione.

A questo si aggiunge la consapevolezza di trovarsi in un paese anni luce indietro rispetto ad altri per quanto riguarda i servizi per l’infanzia e la disponibilità sul territorio.

“Un caos totale: sarebbe più opportuno, infatti, chiamarla la conciliazione del caos che conciliazione lavoro-famiglia. Ed è la vera avventura di ogni giorno.”

Geen, i dati al servizio delle scelte per il benessere intimo

Ed è in questo avventuroso caos, che Giulia cofonda insieme alla cara amica ed esperta di marketing e relazioni pubbliche, Lucia Vernino, una startup innovativa. 

“Credo poco nei progetti individuali ed è per questo che in questa avventura ho deciso di accompagnarmi con una persona che stimo profondamente. Lucia ed io ci completiamo sia nelle nostre competenze sia nella personalità e nel carattere ma allo stesso tempo manteniamo una solidissima base di amicizia e valori in comune.”

Geen si occupa di utilizzare i dati per accompagnare donne e ragazze nelle loro scelte: tutto ciò che riguarda la salute sessuale riproduttiva, il benessere intimo e del pavimento pelvico, le scelte riguardanti la gravidanza, l’interruzione volontaria e tutte quelle scelte sottovalutate ma ugualmente importanti come, per esempio, quella del contraccettivo e che possono influenzare il proprio benessere e piacere sessuale. 

“Geen arriva in un momento di realizzazione professionale e in cui mi sentivo in dovere di mettermi in gioco e di stressare ancora di più le mie capacità e soprattutto la mia capacità di generare impatto.”

In Geen, Giulia si occupa di programmare la piattaforma e gestisce tutte le fasi della data pipeline: la data collection, il modo in cui raccolgono e rendono anonimi i dati delle utenti, la fase di pulizia dei dati e trasformazione, la fase di analisi e la fase di visualizzazione quindi come gestire per esempio l’interfaccia che le utenti hanno a disposizione per visualizzare la loro personale situazione e quella che invece hanno a disposizione le professioniste e i professionisti del benessere intimo rispetto alle proprie utenti. 

In questo momento Giulia sta lavorando alla programmazione di una dashboard in grado di mettere a disposizione un quadro generale dell’andamento delle scelte che prendono le utenti in modo da migliorare continuamente il modo in cui Geen le supporta.

“Se per tutte e tutti vorrei che Geen fosse e diventasse l’alleata numero 1 per prendere le migliori decisioni riguardo alla propria salute e al proprio benessere intimo, per me e per Lucia vorrei che Geen fosse, e senz’altro già lo è, la nostra occasione di renderci conto di tutto quello che sappiamo fare e soprattutto di tutto quello che siamo in grado di imparare. Qui metto al primo posto la nostra capacità di generare alleanze: il lato più bello di Geen sono tutte le persone, associazioni, università e centri di ricerca, aziende con cui riusciamo a fare rete e questa è una grande capacità e un grande talento mio e di Lucia che non voglio smettere di riconoscere.”

Prossimo step: firmare delle partnerships con università italiane ed estere per contribuire a diffondere la prospettiva di genere nella raccolta e analisi dei dati, soprattutto i dati riguardanti il benessere e la salute, sfruttando tanto la sua esperienza nell’ambito quanto il network costruito in questi 12 anni e massimizzare così l’impatto di Geen su quante più persone possibile.

Non sono solo dati

I dati sono tanto importanti quanto ingannevoli: lo scetticismo di Giulia è dovuto proprio alla profonda conoscenza del mondo dei dati. Come data scientist racconta di utilizzare forse il 20% del tempo nello studio dell’output finale e l’80% per pensare alla metodologia di ricerca e al modo di presentarla e condividerla al pubblico.

I dati non sono mai neutrali e costruiscono realtà per questo è importante dare sempre alle persone tutti gli strumenti per capirli e poterli utilizzare nella quotidianità per le proprie scelte.

“I dati, e soprattutto le informazioni che si possono estrarre dai dati, sono alla base delle scelte, o quantomeno del modo in cui ci piacerebbe che tutti e tutti facessimo le nostre scelte: in modo informato e consapevole.”


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